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Stress e paura, in generale e in combattimento ©

Il WingTsun non è una disciplina sportiva ma una vera e propria Arte Marziale e in quanto tale prepara chi lo pratica ad affrontare reali situazioni di pericolo.
Per questo motivo è impossibile non tenere conto degli aspetti psicologici che intervengono durante un combattimento e che possono influenzarne pesantemente l’esito.

Di fronte ad un avversario davvero intenzionato a farci del male nella nostra mente si scatenano una serie di forti emozioni che producono degli effetti rilevanti sul nostro corpo.
Se vogliamo preparare seriamente i nostri allievi a gestire situazioni di questo genere, dobbiamo conoscere questi meccanismi e allenare la mente a controllare e sfruttare queste emozioni esattamente come alleniamo il corpo a risolvere i problemi fisici.
Purtroppo non è facile affrontare questo argomento poiché le reazioni emotive ad un qualsiasi evento dipendono in larga misura da componenti soggettive, tuttavia vi sono dei fattori comuni che ci posso aiutare a comprendere i processi psicologici che ci interessano.
Cerchiamo innanzitutto di capire che cosa sono esattamente le emozioni. L’emozione è la risposta ad un evento che si manifesta con esperienze soggettive (il cuore ci batte in gola, proviamo un senso di gioia o di paura..) e con comportamenti osservabili oggettivamente (saltiamo, ridiamo, piangiamo, scappiamo, balbettiamo…); tutto questo è dato dal fatto che noi valutiamo un determinato evento come desiderabile o dannoso, e ciò mobilita delle funzioni organiche che ci mettono in agitazione.

Le emozioni coinvolgono principalmente tre sistemi di risposta:

  • Quello psicologico, che comprende anche i dati relativi all’esperienza soggettiva.
  • Quello comportamentale, che riguarda le manifestazioni motorie dell’emozione (ad esempio il comportamento di attacco o di fuga e le modificazioni dell’atteggiamento posturale e della mimica facciale).
  • Quello fisiologico, che riguarda le modificazioni fisiche (ad esempio l’alterazione della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa o la modificazione del ritmo respiratorio).
Possiamo dire, quindi, che l’emozione è uno stato personale che comprende la valutazione di un evento, un’attivazione fisiologica, esperienze intime e comportamenti osservabili dall’esterno.
Le emozioni che gli esseri umani possono provare sono praticamente infinite, tuttavia esse possono essere ricondotte ad una decina di emozioni primarie.
Robert Plutchik, università del Minnesota (USA), ha suggerito un modello efficace che è stato parzialmente verificato sul piano empirico per la classificazione delle espressioni facciali.
plutchik


L’intensità delle emozioni può variare su un asse ortogonale al cerchio, la paura, ad esempio, può aumentare fino a diventare terrore o diminuire fino a divenire semplice apprensione.

scala emozioni


Questo modello sembra essere in grado di raggruppare la maggior parte delle emozioni umane, dato che ognuna di esse può essere considerata come una combinazione di queste emozioni primarie.

L’emozione che ci riguarda più da vicino parlando di combattimento è sicuramente la paura.
Il termine “paura” indica diversi stadi di intensità emotiva che possono andare da sensazioni fisiologiche come il timore, la preoccupazione, l’apprensione e l’inquietudine a sensazioni che possono essere addirittura patologiche come l’ansia, il terrore, la fobia e il panico.
Da un punto di vista strettamente fisico qualunque emozione, sia essa positiva o negativa, produce un’attivazione fisiologia che coinvolge alcune zone del cervello,del sistema nervoso autonomo e del sistema endocrino.
Il sistema nervoso autonomo è la parte del sistema nervoso che regola le reazioni dell’organismo che non dipendono dalla nostra volontà, come il battito cardiaco, la respirazione o le contrazioni dello stomaco durante la digestione.
Il sistema endocrino è costituito da ghiandole distribuite in tutto il corpo che secernono delle sostanze chimiche, gli ormoni, immettendole direttamente nel flusso sanguigno.
L’attività del sistema endocrino è regolata dal sistema nervoso autonomo.
Di fronte al pericolo nel corpo vengono prodotti due ormoni, adrenalina e noradrenalina, che determinano un aumento dell’attività metabolica, della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e un’alterazione del ritmo respiratorio.
Il flusso sanguigno è dirottato verso i grandi gruppi muscolari,verso il cuore e verso il cervello.
Viene alterata la percezione, viene infatti aumentata la velocità alla quale vengono inviate le informazioni ai centri visivi e motori.
Tutti gli andamenti corporei sono amplificati, aumenta la forza e si riduce la sensibilità al dolore.
L’iride si dilata consentendo una migliore visione anche in condizioni di luce scarsa. Il campo visivo si distorce e restringe dando luogo a quella che viene chiamata “visione a tunnel”, vale a dire che la visione si focalizza sull’aggressore e si riesce a percepire visivamente soltanto un campo ristretto (il che può risultare pericoloso perché rende difficile la localizzazione della presenza di altri aggressori).
Dal punto di vista psicologico la paura di fronte ad un’aggressione può causare delle alterazioni della percezione dell’ambiente circostante, ad esempio si può verificare un’amplificazione dei segnali acustici emessi dall’aggressore ed una esclusione degli altri suoni presenti, oppure può capitare di percepire quello che accade “al rallentatore”.
Ovviamente tutto questo avviene nel giro di pochi secondi e senza che sia possibile nessun intervento razionale su tali processi.

La paura dovrebbe avere una funzione positiva e segnalare uno stato di emergenza e allarme preparando la mente e il corpo alla reazione; tuttavia essa può sfociare nel suo esatto contrario causando una inibizione dei meccanismi di difesa.
Di fronte a situazioni che ci spaventano possiamo reagire in due maniere differenti: sfruttando questa attivazione fisiologica in modo attivo, con l’attacco o la fuga, oppure con una sorta di paralisi, ossia con l’incapacità di utilizzare le risorse che il nostro corpo ci mette a disposizione.
È evidente che questa differenza è molto importante ai fini del combattimento.
Ma da cosa dipende l’insorgere di una reazione piuttosto che di un’altra?
Nella maggior parte dei casi i motivi che provocano una nostra risposta emotiva non sono oggettivi ma soggettivi, vale a dire che, in realtà, noi siamo colpiti non tanto dalle cose, quanto da come noi le vediamo.
Questo spiega perché persone diverse (o anche uguali persone, in momenti diversi) possano avere reazioni emotive differenti rispetto alla stessa situazione.

La paura può essere di natura innata oppure appresa; le paure innate (quindi comuni a tutti) hanno origine principalmente da situazioni sconosciute dalle qua li l’individuo non sa cosa aspettarsi e, soprattutto, che non sa come affrontare.
La consapevolezza della nostra vulnerabilità di fronte a chi vuole farci del male e l’incapacità di neutralizzare l’aggressore ci può condurre a perdere totalmente il controllo su noi stessi, al contrario il sapersi all’altezza della situazione e l’essere preparati a gestirla ci può aiutare a sfruttare nel modo migliore le energie che il nostro organismo ci fornisce.
Certamente un’adeguata preparazione fisica e tecnica aumenta in modo esponenziale le nostre possibilità di non bloccarci in una situazione di emergenza, tuttavia è necessario sviluppare anche una sorta di condizionamento mentale.
Sfortunatamente, i teppisti da strada sono molto meglio preparati e abituati alla violenza di chi dovrebbe difendersi.
C’è da dire, infatti, che in realtà non esiste sistema migliore per addestrarsi a questo genere di situazioni che il viverle innumerevoli volte, nel bene e nel male, fino a farle diventare circostanze di routine… ovviamente non è quello che come insegnanti di difesa personale ci sentiamo di proporre come soluzione…

Tuttavia allenarsi di tanto in tanto in condizioni di “realtà simulata”, cioè ricreando situazioni il più possibile vicine alla realtà, può essere uno strumento utile a sviluppare alcune caratteristiche psicologiche fondamentali come l’autostima, la determinazione alla difesa, la conoscenza e il controllo delle emozioni e delle relative reazioni fisiche, e la concentrazione.
Evidentemente non è possibile riprodurre se non in parte il tipo di stress che si verificherebbe in una reale situazione di pericolo, nondimeno si possono ottenere ottimi risultati, soprattutto con persone che manifestano problemi di insicurezza personale.
È importante che durante l’allenamento non ci si concentri solo sulla tecnica, ma si tenga sempre ben presente qual’è la situazione reale per la quale ci si sta preparando.
Fatto salvo che l’allenamento deve essere serio e costante, c’è da dire che per fortuna nel WingTzun è insita anche la soluzione ai problemi psicologici che si creano durante un combattimento.
I praticanti di WT, infatti, non imparano a memoria una serie di tecniche da dover ricordare all’occorrenza, bensì addestrano il corpo a sviluppare una serie di automatismi che si attivano quando serve, senza il coinvolgimento di alcun processo razionale.
Per questo motivo è molto difficile che la paura possa bloccare un combattente di WT poiché il suo intero corpo dovrebbe essere programmato per reagire agli stimoli fisici che riceve in modo totalmente automatico a prescindere dalle condizioni psicologiche in cui si trova.
In questo senso l’attivazione fisiologica scatenata dalla paura dovrebbe tornare solo a nostro vantaggio mettendoci a disposizione un supplemento di risorse fisiche di cui servirci per mettere fuori combattimento il nostro aggressore.
In ogni caso è molto importante che gli allievi si accostino all’addestramento WT con lo spirito giusto, e che durante le lezioni si eviti un’atmosfera troppo giocosa e superficiale.
Concludendo il WT è un ottimo rimedio contro l’insicurezza e la paura “incontrollabile” purché esso venga allenato seriamente e realisticamente.
Bisogna comunque tenere ben presente che la paura è un emozione naturale che non va combattuta ma sfruttata, facendo si che essa diventi nostra fedele alleata nei momenti più critici.

 

 

 

Sifu Paola de Caro

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