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Le armi nelle Arti Marziali

«Mica puoi andare in giro con due coltelloni alla cintura, no?»
Sicuramente no. E nemmeno con un bastone lungo tre metri, una katana, una coppia di sai o di tonfa, una spada cinese o un nunckaku, se per questo eppure…
Eppure l’obiezione più frequente, quando si comincia a parlare di training con le armi nelle Arti Marziali, a pensarci bene, ha pochissimo senso, almeno per chi vuole esplorare fino in fondo lo spirito della disciplina che sta praticando. Qualunque disciplina.
Lo studio delle armi, a un certo livello, è presente in quasi tutte le tecniche di combattimento orientali e non so solo orientali. L’Escrima filippina, considerata “cugina” del Wing Tsun, inizia con i bastoni di rattan e soltanto a un livello superiore passa alle tecniche a mani nude, esattamente l’opposto di quello che avviene di solito. Il motivo è più semplice di quello che si può immaginare: qualche secolo fa, quando girare armati era la regola, era molto più logico e semplice imparare a difendersi con quello che si aveva a portata di mano (magari un semplice attrezzo da lavoro) piuttosto che con i calci o i pugni. E questo vale anche per l’Occidente. Il “Flos Duellatorum”, il primo manuale di lotta e scherma pubblicato nel 1409 dal maestro Fiore De Liberi da Premariacco (un affascinante testo in versi con illustrazioni d’epoca di cui consiglio la lettura a tutti i marzialisti) elenca una serie di tecniche con lancia, spada, daga, ascia da guerra in armatura e a cavallo e solo successivamente si dilunga su prese, percussioni, slogature e sbilanciamenti senza armi. Le mani nude, insomma, come ultima risorsa, esattamente come nel “Libro dei Cinque Anelli” di Miyamoto Musashi, considerato il più abile spadaccino del Giappone feudale.
I tempi cambiano. Lo spirito resta immutato.
Col passare dei secoli, le arti marziali si sono evolute (o involute?), sono diventate sport agonistici, tecniche di meditazione, fitness o sistemi pratici di autodifesa come Krav Maga, Systema e Street fight. Ognuna di queste versioni moderne è nobilissima e rispettabile ma le vere Arti Marziali sono semplicemente un’altra cosa. Chi inizia a praticare una tecnica di combattimento (di qualsiasi origine e provenienza) s’immerge in una tradizione di cultura, modo di vivere, filosofia e atteggiamento mentale che trascende dallo scontro fisico. Anche per questo sono convinto che non si possa capire fino in fondo il Wing Tsun, il Ba Gua, il Tai Ki Kung o lo H’sing I senza aver almeno provato a leggere qualche testo taoista.
Le armi sono tradizione. E disciplina. Lavorando sui kata armati entriamo nel vero spirito di un’arte marziale e tutta la nostra pratica ne trae giovamento. Tra l’altro, per restare a utilitarismo tutto occidentale, sono un ottimo training per timing, equilibrio, coordinamento e lavoro muscolare visto che, in qualche modo, sostituiscono i pesi da palestra.
Praticare per credere.
Ma la vera domanda resta la solita: perché studiare un’Arte Marziale? Per difendersi in caso di pericolo? Non basta. Per dimagrire? Una lezione di aerobica ha lo stesso effetto. Per rilassarci? Beh, yoga e training autogeno
funzionano ugualmente se non meglio. Cito spesso il maestro Ming Wong che alla domanda di un giornalista su a che cosa servisse il Tai Ki Kung rispose candidamente “a niente”. Un understatement che nasconde oceani di significato. Un maestro del Tao non è mai del tutto esplicito. La verità la devi cercare da solo, non ti può essere scodellata davanti a pagamento.
Le Arti Marziali, a mio parere, sono una delle attività più nobili a cui ci si può dedicare e non hanno traguardo ne’ scopo. Ci cambiano corpo e spirito senza che noi ce ne accorgiamo, come un albero che cresce impercettibilmente senza mai fermarsi. Chi lavora con sincerità, dedizione, umiltà, rispetto e costanza si ritrova a essere una persona migliore. Senza piaggeria posso sostenere che la gentilezza, l’umorismo, la disponibilità e la profonda generosità della nostra Sifu ne sono una dimostrazione eloquente. Non so come fosse Paola prima di incontrare il Wing Tsun ma sono sicuro che, dopo 30 anni di pratica, è una persona diversa e, al tempo stesso, uguale, per usare un paradosso squisitamente
taoista.
Lo studio delle armi è parte integrante della nostra disciplina. Conoscerle e saperle usare significa conoscere meglio il Wing Tsun che, secondo me, è l’unica, vera, motivazione dei nostri allenamenti. Senza contare il vantaggio di poter praticare e migliorare in solitudine quando non si ha la possibilità di venire in palestra. E freghiamocene di chi ci prende in giro e magari sostiene che una semiautomatica calibro 9 per 21 è più efficace e più comoda da portare in tasca. Ha ragione, di certo, ma non ha capito niente. Del resto anche il tiro al bersaglio con armi da fuoco è una pratica marziale, se affrontato con lo spirito giusto.

Massimo Lugli

Giornalista e scrittore italiano, inviato speciale de la Repubblica per la cronaca nera e autore di romanzi gialli.

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