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Elasticità: il Segreto del Controllo della Forza

Sii come il bambù […] lo stelo si lascia investire liberamente dal vento 

e lungi dal resistergli si piega.

Ciò che si piega è molto più difficile a spezzarsi.

(Pensiero Buddista)

L’elasticità è una proprietà fisica dei materiali che ne descrive il comportamento a seguito di una sollecitazione meccanica, provocandone deformazione fintanto che la forza è attiva per poi tornare alla sua forma originaria.

Le filosofie orientali usano spesso metafore di oggetti che hanno un comportamento elastico come esempio di reazione “corretta” che l’uomo dovrebbe avere nei confronti dei fastidi della vita quotidiana.

Tale concetto è altrettanto utile se non fondamentale nelle arti marziali e in particolare nel Wing Tsun che ne ha fatto uno dei pilastri fondamentali del sistema.

Spesso nei film o nei combattimenti dimostrativi si vede il Maestro che riesce a “catturare” la forza dell’avversario neutralizzando qualsiasi suo attacco e restituendogliela in un contrattacco, con grande effetto scenico e ottima funzionalità nel combattimento.

Il segreto di queste tecniche è saper sentire e interpretare la forza dell’avversario e utilizzare il proprio corpo per assorbire tale forza nella forma marziale e convogliarla in un successivo attacco, tutto questo è assimilabile fisicamente al concetto di molla o, più propriamente, all’elasticità.

Cerchiamo di analizzare come funziona l’elasticità e perché è uno strumento molto importante per un praticante di arti marziali.

L’elasticità abbiamo detto essere una proprietà ma sarebbe più corretto dire che è un comportamento che tutti i materiali solidi presentano a seguito di una sollecitazione meccanica. 

Un comportamento però si presenta solo se le condizioni a cui è sottoposto il campione sono adatte (per esempio se la temperatura lo consente o se la sollecitazione non è troppo intensa).

Questa riformulazione vincola i materiali a una “regola” generale: l’ambiente o il sollecitatore deve permettere il comportamento elastico.

Un esempio pratico è la gomma: per chiunque la gomma ha un comportamento elastico, se viene piegata subisce deformazione, una volta che la forza viene interrotta questa torna alla sua forma originaria; il comportamento è totalmente diverso se invece la raffreddiamo a bassissime temperature, questa perderà tutta l’elasticità che precedentemente mostrava rompendosi facilmente sotto a una sollecitazione, analogamente se in condizioni di temperatura ambiente esercitiamo troppa forza questa finirà per rompersi direttamente (cioè l’energia in eccesso viene scaricata altrove, per esempio scaldando la gomma, rompendo i legami chimici, magari emettendo suono).

 

Nel mondo marziale questo si traduce nella seguente regola:

l’elasticità va utilizzata solo quando serve, se la forza che viene dall’avversario è eccessiva non è assorbendola tutta nella deformazione della propria forma che si riesce a gestirla, bisogna scaricarla.

Un materiale quindi risponderà diversamente in base alle condizioni in cui si trova e alla forza su di esso esercitata. Abbiamo già sottolineato che il comportamento elastico è caratteristica di tutti i materiali solidi, ma per esperienza quotidiana sappiamo che non tutti i materiali sono elastici: i metalli, le plastiche, le stoffe, le rocce…non sembrano avere un comportamento elastico.

Qui c’è da fare una precisazione: il range del comportamento elastico dipende dal tipo di materiale.

Questo significa che una data forza potrebbe far comportare un materiale A come elastico a temperatura ambiente mentre il materiale B si romperebbe alle medesime condizioni. 

Questo comportamento diverso in fisica dei materiali viene detto plasticità e come l’elasticità contraddistingue tutti i materiali. 

Vediamo cosa succede per fasi a un materiale sotto sforzo:

supponiamo di applicare una forza F a un’estremità di una barra solida di materiale qualsiasi, questa comincerà a piegarsi fino ad ottenere una determinata deformazione d .

Se a questo punto il sistema arriva all’equilibrio e la forza viene “spenta” il sistema nella sua prima fase avrà un comportamento elastico, cioè se la forza applicata era abbastanza piccola (o ugualmente se la struttura microscopica del materiale era abbastanza forte) il materiale tornerà alla sua forma originaria.

Accendendo nuovamente la forza, aumentandone l’intensità la deformazione aumenterà proporzionalmente all’intensità dello sforzo eseguito.

Raggiunta una certa soglia, diciamo se la forza ha intensità F’, il materiale comincia la sua seconda fase, una qualsiasi deformazione ulteriore non viene più corretta “autonomamente” dal materiale a fine sollecitazione: il campione è deformato stabilmente.

Queste due fasi sono presenti per tutti i materiali solidi ma a seconda delle condizioni potrebbero non verificarsi in modo evidente entrambe, ossia il range di elasticità potrebbe essere diverso.

In altri termini ogni materiale ha una fase elastica e una fase plastica in proporzioni diverse a seconda della composizione del materiale.

Il marzialista di questo deve farne tesoro: l’elasticità se non è controllata si trasforma in plasticità, portando alla rottura della struttura e alla conseguente perdita del vantaggio che quella struttura poteva dare nella situazione che si stava affrontando.

Per ultimo vediamo il vero vantaggio dell’elasticità: la conservazione dell’energia.

Il comportamento elastico infatti è uno dei pochi casi in cui l’energia (meccanica) si conserva

Ma cos’è l’energia? Possiamo interpretare l’energia (in senso fisico) come la capacità che un sistema ha di effettuare uno spostamento, ossia di compiere un moto (cosa che si può esplicare in vari modi, dal moto del sistema all’indurre il moto su un altro sistema). Se un corpo possiede una certa quantità di energia questo potrà quindi anche trasferirla a un altro corpo che poi potrà sfruttarla o subirne gli effetti.

La conservazione dell’energia significa quindi che se era presente una data quantità di energia all’inizio ne avremo la stessa quantità alla fine dell’evento che si sta analizzando. 

La forza elastica, ossia il comportamento elastico, è uno dei pochi casi di forza conservativa, caratteristica che può e deve essere sfruttata soprattutto da un combattente.

Immaginiamo un ramo di un albero che viene piegato, questo avrà acquistato una certa energia elastica potenziale, se viene lasciato andare questo tenderà a tornare alla sua posizione “di riposo” ma se prima incontra un altro corpo trasferirà potenzialmente tutta l’energia accumulata al bersaglio che ne subirà gli effetti (rotture, movimento, riscaldamento, ecc.)

Questo effetto deve essere sfruttato dal marzialista che utilizzando l’energia elastica immagazzinata da una sollecitazione dell’avversario deve indirizzare quell’energia in un contrattacco in modo da poter usare la propria forza combinata a quella dell’avversario.

 

Nel WT l’elasticità è un pilastro del sistema, codificato nella figura della molla che è la più semplice delle modellizzazioni del comportamento elastico.

La molla è un concetto nel WT che trova applicazione dagli esercizi più basilari a quelli più avanzati, tuttavia è necessario precisare che sebbene ci siano numerose applicazioni di molla fisica (cioè una eventuale conformazione posturale che fa agire il sistema corpo come una molla in senso fisico), ve ne sono altrettante di solo molla concettuale.

Nel sistema esistono infatti situazioni in cui la molla è presente come idea o intenzione che il praticante deve avere nel momento in cui svolge un determinato movimento e che quindi deve eseguire come se la molla fosse fisica, in tutte le sue caratteristiche, dalla “memoria” della forma originale, alla conservazione dell’energia e tutti i suoi svantaggi, plasticità inclusa che è un ottimo indicatore per potersi migliorare nell’esecuzione dei movimenti corretti.

Per esempio in un movimento come il Kao Sao, l’energia dell’avversario viene totalmente dissipata nella sua esecuzione visto che la linea di azione della forza del colpo ricevuto è portata fuori dalla linea centrale dalla geometria della posizione assunta dal praticante. Tuttavia il bravo combattente deve rimanere elastico concettualmente, cioè anche se non è presente una molla fisica, l’intenzione che deve avere è di propensione all’attacco, con il braccio che dalla posizione del Kao Sao si trasforma in un colpo successivo appena è lasciata libera di muoversi, in un continuo fluire dell’energia impiegata dall’avversario. 

Inoltre le caratteristiche elastiche devono mantenersi, assicurando una sensibilità all’intensità della forza che si sta gestendo e a un eventuale sfruttamento del movimento indotto dall’attacco per potenziare il successivo contrattacco.

Questo tipo di comportamento porta vantaggi dal punto di vista dello stile di combattimento: l’avversario vedrà i suoi colpi del tutto o quasi inefficaci, la sua forza dissiparsi nell’aria, e i colpi del praticante che in continuazione vengono assestati con forza che sembra essere la stessa (o in alcuni casi anche maggiore) del suo attacco.

In questo senso una molla concettuale non è altro che un condizionamento che il praticante deve costruirsi in modo da poter sfruttare i vantaggi dell’elasticità anche quando la molla non è propriamente. 

In conclusione l’elasticità è una grande risorsa, sia filosofica sia fisica e un buon praticante di WT deve essere in grado di controllarla, sfruttarla, deformare la propria struttura e sapere quando è fuori range in modo da poter cedere scaricando la forza in eccesso altrove

Dott. Edoardo D'Andrea allievo della Giuncarossa, laureato in fisica all'Università "la Sapienza" di Roma

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