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i colpi nel wingtsun

Chi pratica WingTsun ha come scopo l'apprendimento di un sistema realmente efficace in situazioni di aggressioni reali.
Questo esclude l'ipotesi di accettare la logica, sportiva, dello scambio di colpi.
L'aggredito è per natura fisicamente inferiore all'aggressore e non può permettersi il lusso di incassare colpi che potrebbe non essere in grado di sopportare.
Questo ci obbliga ad assumere una posizione e utilizzare dei movimenti che rendano i nostri colpi allo stesso tempo protettivi e distruttivi.
I colpi nel wt  sono sempre molto corti, percorrono traiettorie il più possibile lineari e questo li può far apparire poco potenti, in realtà nel modo di colpire dello stile vengono sfruttati al massimo alcuni principi della fisica che garantiscono la massima forza di impatto possibile.

Il pugno nel WT si esegue con il pugno in posizione verticale.

Il colpo è totalmente lineare, inizia davanti al torace ed è diretto su un punto della mediana verticale dell'avversario.

Il gomito, durante il colpo, viene tenuto basso ( a questo proposito si veda la geometria del WT e la teoria del cuneo ).

Il pugno verticale segue la naturale linea di forza del braccio che corre dalla spalla fino al mignolo del pugno chiuso.

Il pugno deve colpire quindi con la superficie delle tre dita inferiori (medio, anulare, mignolo) in questo modo si avrà un'equilibrata distribuzione della pressione in modo che nessun osso debba sopportare l'intera o la maggior parte dell'impatto. Nell'esecuzione di un pugno WT ( o una serie di pugni), vi sono quattro componenti fondamentali:

  1.  il "motore" del movimento è il gomito.
  2.  mentre il pugno viene scagliato in avanti, l'articolazione della  scapola va spinta all'indietro.
  3.  Il torace va aperto per aumentare la potenza del colpo.
  4.  il polso va spinto leggermente verso l'alto in modo che la superficie d'impatto corrisponda effettivamente alle tre dita inferiori.

Uno degli elementi  fondamentali del nostro modo di colpire è la velocità del movimento.
La forza d'impatto di un colpo ( più correttamente definibile "impulso", l'impulso infatti è l'azione dovuta ad una forza applicata per un certo tempo ad un corpo )  è pari alla massa di ciò che colpisce moltiplicato per la velocità.
La "forza d'impatto" dipende in parte dal modo in cui questo impulso viene trasmesso.
Quando colpiamo un corpo, trasmettiamo a esso quell'impulso, ma questa trasmissione può avvenire in un tempo più o meno lungo.

Più il tempo è breve nel trasmettere l'impulso, più la forza che il nostro colpo applica al bersaglio sarà localmente intensa, a parità d'impulso (cioè di velocità e massa impattante).
Pensare di impattare e poi spingere è non solo inutile, per quanto detto, ma anche dannoso: infatti per far sì che l'impatto faccia più danno possibile, non dobbiamo alterare la dinamica naturale dell'impatto, cosa che faremmo se pensassimo di spingere dopo l'impatto stesso.

Un'altra cosa importante da dire sempre in quest'ottica è che lo spingere non "fa male", proprio perché la forza è applicata per un tempo più lungo di un urto, quindi chi subisce la spinta tenderà ad assorbire l'energia cinetica di ciò che spinge muovendosi e non deformandosi ed è solo la deformazione che causa il danno.

Parlando di aggressione reale la differenza tra procurare dolore e causare danno è essenziale, poiché la percezione del dolore è soggettiva, mentre il danno è oggettivo.

Una persona con un fisico prestante, abituata a fare a botte e magari anche sotto l'effetto di alcool o sostanze stupefacenti può avere una soglia di sopportazione del dolore altissima, ma un danno, ad esempio una frattura, è invalidante per chiunque e quindi molto più probabilmente risolutivo per chi si sta difendendo.

 

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